Prestigiacomo: «Il gioco a rimpallo tra Cina e Usa ora deve finire»

Intervista al Ministro dell'Ambiente pubblicata su Quotidiano Nazionale

 
 
cop15Ministro Stefania Prestigiacomo che succede se a Copenhagen non si trova un accordo?
«E’ una ipotesi che non consideriamo neppure. E’ possibile che l’accordo non sia legalmente vincolante e che la sua stesura sotto forma di testo legalmente vincolante e ratificabile sia rinviata alla prossima conferenza delle parti. Ma siamo tutti convinti che ci debba e ci possa essere un accordo. L’opzione fallimento non è prevista».
Quanto conta la posizione e la presenza di Obama?
«Molto, ma noi all’America chiediamo di fare un po’ di più, perché al di là dei grandi annunci e dell’indiscutibile impegno politico di Obama, gli impegni di riduzione di cui si parla non sono paragonabili a quelli dell’Europa. E quindi questo gioco delle parti tra Cina e Usa, che si rimpallano le responsabilità di impegni inferiori rispetto al necessario, deve trovare una soluzione. E’ chiaro che ci deve essere un impegno da parte di tutti e non solo dell’Europa».
Altrimenti?
«Finirà come con il protocollo di Kyoto, che certo resterà una pietra miliare perché ha avviato questo dibattito ma non è poi servito ad abbassare le emissioni globali. E ora non è più tempo di gesti simbolici, ma di azioni concrete. O lo capiamo e lo facciamo davvero, oppure tra 10-15 anni inizieremo a pagarne un prezzo. Che sarà tanto più alto quanto più tardi agiremo».
Lei dice che il fallimento non è previsto. Ma c’è il forte rischio di un cattivo accordo.
«Il rischio peggiore è che alcuni Paesi sottoscrivano impegni vincolanti e altri prendano solo impegni politici. Se così fosse allora sarebbe un fallimento».
Vuol dire che bisognerà trovare il modo, pur rispettando il principio delle responsabilità comuni ma differenziate, per coinvolgere anche Cina e India?
«Assolutamente. Che questo lo si raggiunga in due tempi, ora con un accordo politico e nel 2010 con uno legalmente vincolante, non sposta i termini della questione perché stiamo parlando di un accordo storico. Ma deve essere effettivo e globale. Dobbiamo aiutare questi Paesi fornendo loro tecnologie a basso tenore di carbonio. Ma dobbiamo pretendere che si impegnino in maniera legalmente vincolante, ad esempio in termini di intensità carbonica, e che si sottopongano a verifiche».
I negazionisti, intanto, non mollano. Ce ne erano anche nella maggioranza.
«I negazionisti sono fuori da ogni contesto. Questi temi, per tanto tempo considerati appannaggio di una parte, ora sono bipartisan. Tutti stanno aprendo gli occhi di fronte ad allarmi comprovati da segnali precisi, da una consapevolezza scientifica crescente. E’ vero che c’è stata una mozione al Senato, e io non contesto il diritto ad avere dei dubbi, ma sono posizioni per molti versi superate. La linea del nostro Governo è chiara e lo si è visto al G8. Un conto è difendere l’interesse nazionale sul fronte degli impegni di riduzione, e lo faremo, un altro è negare un problema che coinvolge tutti i leader mondiali. Francamente, non esiste».
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Ultimo aggiornamento 26.07.2013