Copenaghen, un accordo possibile. Le dichiarazioni d’impegno alimentano l’ottimismo

La conferenza entra nel vivo. Sul tappeto le diverse proposte negoziali per taglio dei gas serra.

 

Prestigiacomo, ObamaOltre 15mila delegati di 192 rappresentanze di Paesi di tutto il mondo sono riuniti da lunedì 7 dicembre a Copenaghen in occasione della 15.ma conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop 15) per trovare un accordo globale sul taglio delle emissioni di gas serra. Il vertice, che arriva al culmine di due anni di negoziati in seno alla comunità internazionale, registra un impegno senza precedenti di tutti i principali attori del mondo che devono discutere sulla creazione di un modello di sviluppo sostenibile per fermare il riscaldamento del pianeta.
 
La prima settimana tutta incentrata sulla messa a punto di un testo molto complesso, dovrebbe portare alla messa a punto di un impegno globale volto a rimpiazzare il trattato di Kyoto che scadrà nel 2012. Ma le decisioni vere saranno prese la prossima settimana, a ridosso della chiusura del summit in programma venerdì 18, quando circa 110 capi di Stato e di governo confluiranno nella capitale danese per chiudere il tavolo del negoziato.
 
Tra i leader che raggiungeranno Copenaghen nei prossimi giorni ci sono il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, il premier cinese Wen Jiabao, il primo ministro indiano Manmohan Singh e tutti i principali capi di stato e primi ministri europei. Per l'Italia sarà presente il Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, e il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Proprio la conferma di una partecipazione a così alto livello e la disponibilità espressa da tutti a mettere sul tappeto una serie di obiettivi da qui al 2050, hanno convinto anche i più scettici che si potrà arrivare alla firma di un accordo politico fra tutti gli Stati, da tradursi in un trattato nel 2010.
La ventata di ottimismo che si leva in questi giorni dalla Danimarca è stata infatti  alimentata nelle scorse settimane da tutti i più importati Paesi industrializzati e in via di sviluppo che hanno reso noti i loro obiettivi di riduzione dei gas ad effetto serra.
 
Insomma i “numeri”  che anticipano la fase saliente della Conferenza fanno ben sperare. Ma vediamo in dettaglio le posizioni dei principali Paesi al tavolo delle trattative. L’Unione Europea si presenterà forte dell’impegno,  adottato unilateralmente nel dicembre del 2008, che fissa la riduzioni di emissioni di Co2 al 20% entro il 2020 rispetto al 1990. L’Ue è tuttavia pronta a rilanciate il cosiddetto “pacchetto clima” proponendo una riduzione del 30% in caso di accordo internazionale ambizioso che veda il contributo significativo degli altri Paesi sviluppati e contributi adeguati da parte dei Paesi in via di sviluppo.
 
Sempre entro il 2020, gli Stati Uniti ridurranno del 17% l’emissione dei gas ad effetto serra rispetto al 2005. La proposta, annunciata alla vigilia del vertice dal  presidente Obama, è in linea con la legge americana “sull'energia e sul clima”, approvata dalla Camera dei Rappresentanti l'estate scorsa, che prevede una serie di traguardi intermedi prima di una riduzione finale del 85% delle emissioni entro il 2050.
La Russia dal canto suo non ha assunto impegni ma sarebbe pronta ad un taglio unilaterale dell'anidride carbonica tra il 20 e il 25% nel 2020 con il 1990 come anno-base di riferimento.
 
Il successo del vertice è anche legato all’impegno che sarà assunto dalle potenze emergenti in particolare, Cina India e Brasile, che condizionano le loro posizioni al raggiungimento di 'un accordo equo e ragionevole' che rispetti il principio delle 'responsabilità differenziate' tra paesi ricchi ed economie in via di sviluppo. I tre Paesi stanno infatti lavorando su un accordo di massima per operare insieme. Nel frattempo la Cina ha già offerto una riduzione volontaria  dell'intensità carbonica, e cioè l'ammontare di emissioni a effetto serra per unità di Pil, del 40-45 % entro il 2020, rispetto ai livelli del 2005.
Anche l’India ha annunciato un riduzione del rapporto tra emissioni e Pil che si aggira intorno al 25% entro il 2020, pur specificando che si tratta di obiettivi che varranno solo sul piano interno e non saranno giuridicamente vincolanti.

Per il Brasile, invece, la riduzione di emissioni si tradurrà soprattutto in maggiori sforzi contro la deforestazione dell'Amazzonia che avviene a scopo agricolo. Fermando il cambio di uso del suolo, Brasilia intende tagliare tra il 36 e il 39% di Co2 entro il 2020.

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