Prestigiacomo: «La scelta obbligata è l’energia rinnovabile»

Intervista al Ministro dell'Ambiente pubblicata su Il tempo

 
 
prestigiacomoDopo mesi di trattative, si apre la Conferenza Onu sul clima. Copenaghen diviene così, per più di dieci giorni, il centro del mondo. L’obiettivo è fermare il riscaldamento della Terra. E per farlo c'è bisogno di un impegno globale sul taglio delle emissioni dei gas inquinanti.
Ministro Stefania Prestigiacomo, l’Europa si presenta sulla base di un accordo preciso: il «pacchetto 20-20-20». Stati Uniti, Cina e India con tanti buoni propositi ma nulla in mano. Quale sarà il bilancio finale a Copenaghen?
«L’appuntamento sarà una svolta anche se non si sottoscriverà un trattato definitivo con tutti gli aspetti vincolanti, cosa che si farà tra un anno. Una svolta perché per la prima volta tutti i Paesi del mondo sono consapevoli che la battaglia sui cambiamenti climatici deve essere globale. Rispetto a dieci anni fa è cambiato il mondo: Stati Uniti, Cina e India, anche se non sono pronti ad assumere impegni internazionali, ne hanno annunciati alcuni nazionali in termini di riduzioni. L’Europa si presenta in maniera forte perché ha dimostrato di voler fare sul serio, ma ora ci aspettiamo che gli Usa facciano qualcosa di più».
Obama ha cambiato programma. Sarà al summit gli ultimi giorni, quelli decisivi.
«È un fatto positivo, sarebbe stata una delusione vederlo passare di lì un giorno per poi andare a prendere il Nobel a Oslo. Questo spostamento di data ha dei contenuti importanti. Si vuole dare maggiore valore agli accordi che si sottoscriveranno, che sappiamo già non saranno quelli che auspicavamo. Ma queste sono le basi per firmare l’intesa vincolante il prossimo anno. E questo è un fatto storico. A Copenaghen non è in ballo solo un target di riduzioni delle emissioni ma il modello di sviluppo alternativo globale. È la grande sfida dello sviluppo sostenibile e dei rapporti tra il Nord e il Sud del mondo».
L’accordo cosa significherà?
«Che le economie occidentali devono immediatamente rivedere i propri sistemi produttivi e da subito avviare una rivoluzione energetica. Per i Paesi poveri si dovrà impostare lo sviluppo sulle energie alternative e con tecnologie a basso contenuto di carbonio: in questo dobbiamo aiutarli economicamente».
Dal 19 dicembre inizieranno i negoziati per capire come le singole nazioni potranno impegnarsi realmente?
«A Copenaghen si creeranno le basi per un futuro trattato che si firmerà in Messico. Inizia una vera marcia. Ma quanti parlano di fallimento a Copenaghen non hanno capito di quale svolta stiamo parlando».
Sarà quindi un anno di battaglie?
«Quello che non deve accadere è che ci sia un accordo vincolante per alcuni Paesi e un impegno politico per altri. Se accadesse sarebbe un risultato ingiusto che correrebbe il rischio di essere inefficace. Dobbiamo capire che ci sono responsabilità comuni ma differenziate. Comuni perché tutti dobbiamo contribuire a tenere la temperatura al di sotto dei 2 gradi. Differenziate perché i Paesi sviluppati contribuiranno in misura diversa rispetto a quelli in via di sviluppo».
Gli accordi vincolanti come influiranno nella vita degli italiani e nel bilancio dell’Italia?
«Noi abbiamo preso un impegno a livello europeo che è quello del pacchetto 20-20-20 . in caso di accordo globale, il 20% del taglio delle emissioni potrebbe passare al 30. L’Italia dovrà avviare una rivoluzione energetica. Dobbiamo capire che le politiche e gli indirizzi che dà il governo si dovranno integrare al contributo di tutti, alla riduzione delle emissioni, con comportamenti e stili di vita improntati al risparmio energetico e alla riduzione dei consumi. Questo è un grande investimento al quale stiamo lavorando anche con l’educazione ambientale che abbiamo introdotto nelle scuole. Fino a oggi il paradigma è stato improntato sulla formazione del benessere grazie all’aumento dei consumi, mentre dobbiamo dare maggiore valore e qualità ai nostri comportamenti. Benessere vuol dire altro».
L’Italia si sta impegnando sul fronte «ambiente» con serietà. Cambiano anche le posizioni delle associazioni ambientaliste?
«Non tutte le associazioni hanno atteggiamenti radicali ed estremisti, ce ne sono alcune che hanno completamente modificato il loro approccio. Bisogna distinguere tra un ambientalismo sano e rispettoso e un ambientalismo ideologico che in realtà non era che l’occasione per occupare uno spazio politico e basta. Abbiamo dimostrato che un ambientalismo dialogante dà buoni risultati. L’Italia ha ridotto dal 2008 a oggi le procedure d’infrazione del 33% a livello europeo. Ciò vuol dire che cambiano i comportamenti delle imprese e dei cittadini. Anche le nostre emissioni di CO2 hanno invertito il trend di crescita e si sono stabilizzate ai livelli del 1990. L’Italia non è per niente l’ultima dell’Europa in termini di emissioni. Abbiamo il problema delle pm10, dello smog».
Si riferisce a Milano?
«Appunto, ma questo problema è diffusissimo in Europa perché sono stati imposti dei parametri che sono impossibili da raggiungere».
Quindi «assolve» gli amministratori?
«Non si può imputare a loro l’effetto dello smog. E già che ci siamo mi faccia spezzare una lancia a favore del sindaco Moratti e del presidente Formigoni».
Prego.
«Sono gli amministratori che più hanno fatto in termini di mobilità urbana. Si deve continuare a lavorare ma nella nostra condizione ci sono anche altri Paesi, non solo l’Italia».
Ministro, conferma la presenza del premier Berlusconi a Copenaghen?
«Sì».
Per il presidente del Consiglio è un momento particolare, anche nel rapporti con gli alleati e in particolare con il presidente della Camera. Ci sono due correnti dl pensiero: c’è chi dice che Berlusconi e Fini devono restare alleati e chi li vorrebbe divisi. Lei che pensa?
«Il Pdl è un valore per la ricchezza delle sue posizioni all’interno, che non sono antitetiche. Sono posizioni che possono integrarsi. In questi giorni c’è stata un po’ di tensione, un po’ di nervosismo, ma io credo che di fondo siano più le cose che uniscono rispetto a quelle che dividono. Ci abbiamo creduto in questo progetto. E’ stato un percorso lungo che non ha portato a una fusione a freddo, come è avvenuto a sinistra. Certo, è un partito che sta rodando tutte le dinamiche interne».
Ma se tornasse a un anno fa, preferirebbe Forza Italia e Alleanza nazionale divisi e alleati o rifarebbe il Pdl?
«È stato giusto fondare il Pdl, perché la semplificazione politica era fortemente richiesta dai cittadini ed era giusto farla. E stato il nostro popolo a volere un soggetto politico nuovo e unificante. Ora auspico solo che torni il sereno tra Berlusconi e Fini. Specialmente in un momento in cui il presidente del Consiglio è sottoposto a un attacco che sarebbe inconcepibile in qualsiasi altro Paese civile al mondo».
A volte sembra avere il desiderio di lasciare tutto e andarsene.
«Il presidente non molla».
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Ultimo aggiornamento 26.07.2013