L'intervento del ministro Galletti alla commemorazione per i 70 anni dall'eccidio di Marzabotto

Il discorso del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti alla cerimonia di commemorazione dell’eccidio di Marzabotto, di cui ricorre il 70° anniversario:

«Mi sia consentito innanzitutto un sincero ringraziamento a voi tutti per l’invito a partecipare a questo momento di ricordo comune, in un luogo che racconta il dramma della guerra e la crudeltà umana. Per me, figlio di questa Regione, essere qui oggi rappresenta un grande onore, perché mi permette di ricordare pubblicamente il doloroso tributo pagato dalle nostre terre nel corso della Resistenza e rinnovare, anche a nome del Governo, l’omaggio della nostra comunità alle vittime innocenti della barbarie nazifascista.

L’Eccidio di Monte Sole è stata una delle più efferate stragi che abbiano colpito il nostro Paese in tutto il ventesimo secolo. Efferata, inaccettabile e non può essere dimenticata perché ha violato anche le tristi regole di morte della guerra. Efferata perché ha aggiunto all’orrore della guerra, il surplus di un agire sanguinario, gratuito, immotivato.

Perché a Marzabotto e nei comuni vicini, dal 29 settembre al 5 ottobre del 1944, non si combatté alcuna battaglia: i nazisti scatenarono la loro furia omicida contro centinaia di civili indifesi. Una feroce prassi di morte, attuata anche altrove in quegli anni, ma qui eseguita e moltiplicata con maggiore e più perversa criminale determinazione.

Ne morirono 770. Civili inermi, donne, anziani, bambini, sacerdoti. Nessuno venne risparmiato. In modo indistinto e vigliacco, la gente di Marzabotto, quella di Monzuno, quella di Grizzana Morandi vennero rastrellate e annientate, senza pietà.

Le storie che, da generazione in generazione, ci sono state tramandate raccontano i particolari agghiaccianti di quei momenti.

La dignità umana venne calpestata nei modi più deplorevoli, al solo scopo di affermare una folle e proterva ideologia che faceva della sopraffazione nei confronti del prossimo la sua ragione di esistenza.

A questo si aggiunsero le ferite successive: la giustizia su quei crimini disgustosi, con la condanna all’ergastolo degli autori, si è fatta attendere troppo a lungo. Il tempo trascorso in attesa di vedere riconosciuta la verità dei fatti ha solo alimentato il dolore di una comunità e trasmesso sfiducia nelle istituzioni.

Settant’anni sono molti.

Ma il ricordo di quelle vite spezzate assume oggi una drammatica attualità.

Lo vedo, mi sia consentito il paragone, nella orribile escalation di violenza che vediamo ogni giorno nel mondo.

In Siria e in Iraq ci sono le nuove Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema.

Assistiamo ogni giorno a episodi di violenza crudele, che si abbattono su minoranze etniche e religiose, punendo con la morte chiunque si frapponga al disegno terrorista.

E la rete di comunicazioni di massa oggi esistente fornisce un immenso, cruento, palcoscenico mediatico alla follia omicida del terzo millennio, stimolando turpi emulazioni e reclutamenti.  

Negli occhi di quella gente, di quei cristiani, di quei curdi che scappano dalle loro terre per fuggire alla morte già decretata per loro dalle milizie di Isis, c’è lo stesso orrore che provarono settant’anni prima i vostri concittadini.

E nel vedere e ascoltare su internet i video di europei che diventano boia di altri europei, parlano le nostre lingue, hanno frequentato le nostre scuole, io rivedo, su scala globale, l’ignominia degli italiani che erano complici dei nazisti in questa ed altre stragi.

 

Il ricordo serve allora anche a cementare i valori di una società, ad unirla attorno a principi saldi. Uno di questi è il ripudio della guerra, in ogni sua forma, e l’affermazione della pace a qualunque costo.

Settant’anni sono tanti, dicevo.

Eppure c’è chi in tutto questo tempo non è ancora riuscito a maturare una coscienza su questi fatti. C’è ancora, chi cova pericolosamente nella nostra società, un estremismo violento ed eversivo che cerca una qualche giustificazione ai crimini del nazismo e del fascismo. Che professa l’antisemitismo, che alimenta l’odio razziale e religioso, che farnetica tesi negazioniste dell’Olocausto. 

E’ un problema europeo ed è un problema italiano.

Ricordare è un dovere civile per trasmettere ai giovani l’inestimabile valore di un futuro democrazia e libertà che non sono mai acquisite ma vanno rafforzate e corroborate ogni giorno.

Lo dobbiamo ai martiri di Marzabotto e a tutti quegli italiani che hanno dato la  vita credendo in un ideale alto, quello della libertà.

Se oggi viviamo in un Paese libero, lo dobbiamo a loro».


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