Rifiuti: Carabinieri del NOE eseguono vasta operazione contro organizzazione dedita al traffico internazionale di rifiuti e apparecchiature elettroniche.

Sequestrate 12 società e beni per circa 40 milioni di euro

Roma, 23 gennaio 2020 - I Carabinieri per la Tutela Ambientale, con il supporto dell’Arma Territoriale, stanno dando esecuzione, in ambito nazionale, ad un’ordinanza che dispone misure cautelari interdittive e reali a carico di soggetti appartenenti ad un’associazione per delinquere dedita al traffico illecito di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE).

Il provvedimento, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Perugia su richiesta della locale Procura – D.D.A., che, tra l’altro, riguarda il sequestro di 12 società e relativi beni strumentali per svariati milioni di Euro, deriva da una vasta indagine condotta dal N.O.E. del capoluogo umbro ed ha smantellato un complesso ed articolato traffico illecito di rifiuti, tra i quali pannelli fotovoltaici, smaltiti in maniera illecita.

Numerosi e gravi i reati contestati agli appartenenti all’associazione criminale, quali “riciclaggio”, “auto- riciclaggio” e “traffico internazionale illecito di rifiuti”.

Le attività investigative hanno preso piede in seguito ad un sequestro eseguito alla fine del 2016 dal NOE di Perugia, di oltre 300 tonnellate di rifiuti, anche pericolosi, rinvenuti all’interno di un’azienda priva di qualsivoglia autorizzazione ambientale, con sede a Gualdo Tadino (PG), grazie al quale sono stati raccolti i primi gravi indizi della più ampia attività criminale che gli indagati avevano architettato. In quella circostanza, i Carabinieri hanno rinvenuto un considerevole numero di pannelli fotovoltaici dismessi che l’azienda, esibendo documentazione di cui è stata poi accertata la falsità materiale e ideologica, aveva dichiarato distrutti per le conseguenti operazioni di recupero. I dispositivi che tuttavia risultavano ancora funzionanti, venivano riciclati con dati identificativi appositamente alterati e nuovamente commercializzati prevalentemente su canali esteri, prediligendo le rotte africane del Senegal, del Burkina Faso, della Nigeria, del Marocco, della Mauritania nonché,Turchia e Siria.

Questa rete criminale, particolarmente efficiente nel reperimento dei pannelli fotovoltaici dismessi, è risultata operativa dal Nord al Sud del territorio nazionale, Isole comprese, avendo però come organizzatori, promotori e attori principali 5 imprenditori con aziende dislocate a Gualdo Tadino (PG), Traversetolo (PR), Casale sul Sile (TV), Crespano del Grappa (TV) e Siracusa. Con grande disinvoltura, gli odierni indagati ritiravano partite di pannelli fotovoltaici dismessi, dichiarati come rifiuti per il solo tempo necessario a coprire il tragitto tra il luogo in cui venivano smontati e prelevati e l’impianto di trattamento.

Una volta ricevuti dagli stabilimenti, le aziende producevano delle dichiarazioni false che attestavano la loro distruzione e il contestuale recupero di materia (metalli vari, silicio, vetro, plastiche nobili e altre materie riutilizzabili), consegnando tale documentazione ai produttori originari del rifiuto che, del tutto ignari di ciò che accadeva una volta dismessi i vecchi pannelli, potevano chiudere il cerchio col G.S.E., riscuotendo il relativo incentivo. Per contro, l’escamotage scoperto dai Carabinieri per la Tutela Ambientale prevedeva la redazione, da parte di altri associati, di false certificazioni attestanti che i pannelli, nel frattempo muniti di etichette false, erano apparecchiature elettriche ed elettroniche tecnologicamente sorpassate ma regolarmente funzionanti, circostanza che consentiva a tali rifiuti di aggirare il rigido sistema di controllo sia a livello nazionali che, attraverso il circuito doganale, sui canali esteri. Questo astuto sistema di riciclaggio assicurava agli appartenenti all’organizzazione un triplice guadagno: dapprima incassavano cospicue somme per il ritiro dei rifiuti dai produttori, successivamente eludevano i costi per il trattamento e infine rivendevano i pannelli fotovoltaici come apparecchiature elettriche usate ai paesi in via di sviluppo.

I sequestri delle 12 società protagoniste dei traffici, inclusi i mezzi, le apparecchiature e i beni immobili ad esse collegati, ammontano ad un valore complessivo stimato in circa quaranta milioni di euro, e per tutte le aziende a vario titolo coinvolte, in tutto trentotto, l’Autorità Giudiziaria ha ipotizzato la responsabilità amministrativa degli enti.

 

 

 

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