Natura: la foca monaca torna a vivere in Italia

Ragazzi, date un nome alla foca delle Egadi

 

 

La foca monaca, uno degli animali più protetti al mondo, uno degli indicatori più sensibili della qualità dell’ambiente, è tornata a vivere nei mari italiani, da dove la caccia e l’inquinamento l’avevano fatta fuggire. I ricercatori dell’Ispra hanno cercato, scoperto, fotografato e studiato una splendida femmina adulta che ha scelto come rifugio una grotta sulla costa delle isole Egadi, in Sicilia al largo di Trapani.
L’animale non ha ancora un nome. Per questo motivo il ministero dell’Ambiente e il sindaco di Favignana, Lucio Antinoro, che è anche il presidente dell’Area marina protetta delle Egadi, lanceranno un concorso per i ragazzi: diamo un nome alla simpatica foca delle Egadi.
Negli ultimi due anni, nell’area marina protetta delle isole Egadi, è stata condotta un’attività di ricerca svolta dall’Ispra in collaborazione con l’ente gestore della riserva, per verificare, documentare e raccogliere informazioni sugli avvistamenti di esemplari di foca monaca (monachus monachus).
I primi risultati ottenuti dalla ricerca sono estremamente positivi. La conferma della frequentazione e della permanenza nell’area di studio da parte di esemplari di questa specie, anche se ridotta nel tempo e costituita da uno o pochi esemplari, riveste particolare importanza: si tratta, infatti, di una delle specie a maggior rischio di estinzione in tutto il Mediterraneo.
La foca monaca era scomparsa dall’arcipelago delle Egadi già da metà anni 70. Di questa attività si è parlato oggi nel corso di una conferenza stampa al ministero dell’Ambiente con il ministro Andrea Orlando. Sono intervenuti il presidente dell’Area marina protetta, Antinoro, e la ricercatrice dell’Ispra Giulia Mo, che ha condotto l’attività tecnico-scientifica assieme ad una squadra di ricercatori Ispra e collaboratori dell’Area marina protetta.

 

“Questa giornata, che saluta il ritorno in Italia della specie marina simbolo del Mediterraneo, è dedicata alla ricerca, alle aree marine protette e all’importanza della tutela della biodiversità marina. Sono estremamente soddisfatto per i risultati raggiunti e per la cautela e professionalità dimostrate nel trattare una specie così pericolosamente a rischio estinzione”, ha commentato il Ministro Andrea Orlando; “si tratta di uno straordinario risultato per le Egadi, la riserva marina più grande d’Europa, e per tutto il sistema delle aree marine protette italiane, un sistema che per numero di aree protette e dimensioni di coste e fondali tutelati ci vede leader a livello continentale. Da oggi possiamo dire con più autorevolezza che anche le azioni di conservazione dell’ambiente marino ci vedono in posizioni di vertice. Lavoreremo, quindi, per consolidare la rete delle Area marina protetta italiane. Il mio augurio è che questi studi e queste attività di monitoraggio e tutela continuino ad essere condotti con crescente impegno e che si diffondano sempre più i comportamenti rispettosi dell’ambiente marino, della foca monaca e di tutte le altre specie. Solo così si riuscirà a salvaguardare quel patrimonio inestimabile che è la biodiversità dei nostri mari”.

 

Per informazioni:
- Ufficio Stampa Ministero Ambiente

- Ufficio Stampa Ispra
   Cristina Pacciani - 06/50072261-2394-2042

 

Nella foto, da sinistra:
la ricercatrice dell’ISPRA, Giulia Mo
il Presidente dell’Area Marina Protetta Isole Egadi, Lucio Antinoro
il direttore generale per la protezione della natura e del mare del ministero, Renato Grimaldi
il ministro dell'Ambiente, Andrea Orlando

 

 

Per saperne di più: la ricerca
Una prima valutazione sugli avvistamenti nell’arcipelago era stata effettuata dall’Ispra per conto dell’Area marina protetta nel 2004 mentre, durante la primavera del 2010, furono riportate numerose segnalazioni da parte di pescatori e turisti, attestanti la presenza di esemplari di foca lungo le coste di alcune isole dell’arcipelago. In seguito a una serie di concertazioni tra l’ente gestore della riserva e Ispra, si è proceduto all’avvio di un programma di monitoraggio nella primavera 2011; monitoraggio che è tuttora in corso. L’Ispra ha garantito l’adeguato svolgimento delle attività con l’impiego di tre ricercatori esperti e con la dotazione della strumentazione tecnico- scientifica. L’Area marina protetta ha sempre affiancato i ricercatori Ispra con personale tecnico-scientifico, attrezzature e un motoscafo con l’equipaggio.
Le attività, iniziate nell’aprile del 2011, si sono articolate dapprima con una ricognizione lungo le coste dell’arcipelago, per identificare le grotte più idonee alla frequentazione da parte della foca monaca. Successivamente si è proceduti all’istallazione di “foto trappole” in alcune delle grotte marine identificate, permettendo così un monitoraggio continuo e non invasivo delle grotte.
Le “foto trappole” sono macchine fotografiche con sensori: scattano le foto automaticamente al passaggio di un animale e non disturbano gli animali con il flash.

 

La ricognizione delle grotte marine ha permesso di rilevare la presenza di tracce organiche comprovanti la presenza di almeno un esemplare di foca. Il monitoraggio mediante foto trappole ha inoltre permesso di documentare la ripetuta frequentazione di un esemplare, durante l’autunno-inverno 2011. Dall’analisi delle foto, si è dedotto che si tratta di un esemplare di taglia subadulta-adulta, probabilmente femmina. Sempre nella stessa grotta, sono state raccolte evidenze di frequentazione durante la primavera 2012, ma il dettaglio delle immagini fotografiche non è sufficientemente chiaro da confermare che si tratti dello stesso esemplare.
I dati relativi al monitoraggio con foto trappole dell’inverno-primavera 2013 non sono ancora disponibili, poiché le avverse condizioni meteo marine del periodo invernale hanno impedito il sopralluogo e il recupero dei dati.

 

 

Per saperne di più: la foca monaca
La foca monaca trascorre la maggior parte della sua vita in mare, ma come tutte le altre foche, ha bisogno di sostare a terra per adempiere a specifiche funzioni, come la muta del pelo, il riposo, il parto e l’allattamento del cucciolo. L’habitat costiero terrestre utilizzato dalla foca monaca è costituito prevalentemente da grotte marine con zone interne emerse, ben protette dal moto ondoso dove la specie può soffermarsi per brevi periodi.
Per questo motivo la maggior parte degli avvistamenti si verificano generalmente in prossimità di coste rocciose, spesso in vicinanza di grotte accessibili solo dal mare.
L’utilizzo delle grotte marine è ritenuto essere un adattamento della specie per proteggersi dalla caccia a cui è stata sottoposta nel corso degli ultimi 2000 anni. Tuttavia, le esperienze maturate in condizioni dove gli animali non sono disturbati e non sono oggetto di caccia, indicano che in tali condizioni la specie frequenta anche le spiagge per riposare e accudire la prole. La profondità massima di immersione nota per la specie è di 120m, mentre è noto che è in grado di compiere spostamenti su distanze massime pari a circa 280 chilometri. Come le altre specie di foche, la foca monaca ha una durata di vita di circa 30-40 anni. I maschi raggiungono la maturità sessuale intorno al quinto anno di vita, mentre la femmina matura prima. La femmina ha una gestazione che dura all’incirca un anno, partorendo un solo cucciolo che poi allatta per circa 40-60 giorni.

 

 

Per saperne di più: il ritorno
La frequentazione, probabilmente ripetuta nel tempo, di esemplari di foca monaca nell’arcipelago delle Egadi anche in periodo invernale, è da attribuirsi ad un cambiamento, rispetto al passato, nell’atteggiamento delle comunità locali verso questa specie. È probabile che, grazie a questo atteggiamento di tolleranza, gli esemplari che si sono soffermati lungo le coste dell’arcipelago hanno continuato ad eleggere queste località come rifugi costieri dove soffermarsi per brevi o lunghi periodi, rendendo queste località siti di immenso valore naturalistico proprio per la presenza di questa rara specie. Affinché queste condizioni possano persistere, è importante promuovere iniziative volte a sensibilizzare le comunità locali ed azioni di sostegno socio-economico che possano aiutare a garantire la continua benevolenza dei locali nei confronti di esemplari di questa specie. Poiché la foca monaca è una specie molto mobile ed in grado di spostarsi su ampie distanze, è importante perseverare nel monitoraggio nel medio-lungo termine, al fine di stimare in modo più accurato il numero totale di esemplari che frequentano lo spazio acqueo dell’Area Marina Protetta ed il loro areale di distribuzione. Inoltre, in caso di avvistamento, è importante adottare comportamenti che non spaventino né infastidiscano gli esemplari, come inseguirli o avvicinarsi; nel caso di avvistamenti in barca, ridurre il giro dei motori e aspettare che l’esemplare si allontani da solo.

Roma, 16 maggio 2013


Ultimo aggiornamento 11.04.2014