Galletti: ricordare stragi naziste per combattere nuove barbarie

Pubblichiamo il discorso pronunciato dal ministro Galletti il 18 marzo 2015 nel corso della celebrazione del 71 anniversario della strage naziasta di Monchio, Costrignano, Susano e Savoniero avvenuto nel 1944 sulle montagne emiliane.

Credo che sia dovere delle istituzioni democratiche mantenere viva la memoria dei propri eroi civili, delle persone incolpevoli cadute per la ferocia sanguinaria dei nazisti.

Fra queste montagne nel 1944 si è consumata una tragedia immane. Le 136 vittime innocenti, fra cui donne, anziani, bambini, hanno pagato con la vita il fatto di essere italiani, connazionali dei partigiani che qui costituirono un nucleo importante della lotta di Resistenza.

La guerra è sempre portatrice di dolore e di morte, ma quando smette d’essere battaglia fra combattenti e diventa occasione di crudeltà sui civili, diventa orrore, momento in cui si perde ogni senso di umanità e gli uomini si trasformano in belve assassine, senza possibilità di perdono.

Io, in occasioni come questa, ho sempre paura della retorica delle ricorrenze, ma in questo caso sento che lo Stato, la collettività nazionale a questi paesi, a queste terre, alla memoria delle vittime, al doloroso ricordo dei sopravvissuti e dei familiari, deve un tributo in più. Perché questa strage è stata a lungo come dimenticata, smarrita nella storia di quei terribili mesi in cui le truppe di occupazione naziste, purtroppo spalleggiate dalle milizie fasciste, commisero centinaia crimini contro l’umanità. Credo invece che invece la barbarie che si consumò in questi paesi vada rievocata, ricordata e raccontata a tutti gli italiani perché la nostra convivenza civile si nutre di valori, di testimonianze, di esempi.

Memorie che servono alle giovani generazioni a comprendere quanto importante sia la nostra libertà, la nostra democrazia, quanto sottile possa essere il confine con la ferocia cieca, e, quindi, quanta forza è necessaria per difendere le conquiste che sono state rese possibili anche dal sacrificio delle 136 vittime di Monchio, Costrignano, Susano e Savoniero, quel 18 marzo di 71 anni fa.

Sono convinto che in questi ultimi mesi, ed in particolare in questi ultimi giorni con i fatti di Tunisi, si stiano riproponendo temi e atrocità che sembravano ormai appartenere alla storia e definitivamente estromesse dalle dinamiche della civiltà.

Sta tornando, non più in maniera sporadica e occasionale, ma sistematica, come accadeva su questi crinali nel ’44, la pratica dell’assassinio di massa, cieco, immotivato, sorretto solo da una sanguinosa quanto generica idea di vendetta. Sta tornando non tanto e non solo il disprezzo per la vita umana, quanto la sadica esibizione della ferocia, l’atrocità della vendetta fine a se stessa intesa e comunicata come strumento di terrore.

Guardare in tv le terribili immagini di Tunisi, le spietate esecuzioni filmate e messe in rete, vedere tanti europei, cresciuti con i nostri valori arruolarsi in questa guerra dell'odio, ma anche le assurde distruzioni dei monumenti in Iraq, sono tutti elementi che riportano alla mente quello stato dell'umanita' descritto efficacemente da Goya come “il sonno della ragione che genera mostri”. Oggi ricordiamo le vittime dei mostri di 70 anni fa e assistiamo alle stragi dei mostri dei nostri tempi, che, ora come allora, negano l'umanità e la civiltà. 

Gli italiani uccisi nel museo di Tunisi pochi giorni fa non avevano colpe come non ne avevano le vittime di 71 anni fa. Sono caduti per il solo fatto d’essere italiani, europei, occidentali, quindi in qualche modo nemici dell’Isis, di questa confuso stato criminale del terrorismo islamico.

La comunità internazionale, in primo luogo l’Islam pacifico, ha il dovere di affrontare e stroncare questo nuovo tumore socio-politico che porta morte in tutti i continenti e fomenta i nuovi mostri della nostra societa' globale.
Ma il nuovo orrore in noi deve rafforzare il dovere di resistere e la memoria di ciò che siamo stati e del prezzo che abbiamo pagato per conquistare la nostra libertà e la nostra democrazia.

Le vittime della strage che oggi ricordiamo non hanno ricevuto giustizia, il processo ai responsabili di quei crimini è giunto solo pochi anni fa, a più di mezzo secolo dagli eventi. Un processo doveroso ma tardivo, un processo alla storia più che ai fatti.

Per questo acquisisce a mio avviso maggiore importanza il tributo che le istituzioni devono a chi è caduto per mano nazista nelle frazioni rase al suolo dai cannoneggiamenti o passato per le armi nella sanguinosa rappresaglia.

Ed è importante che di ciò si parli non solo qui ma in tutto il paese perché i valori che sono stati offesi dai nazisti e dai loro complici squadristi a Monchio, Costrignano, Susano e Savoniero sono valori che appartengono a tutta la comunità nazionale e gli italiani che sono morti in questi borghi sono morti in una guerra di libertà e di civiltà. La libertà e la civiltà che oggi tutti siamo chiamati a difendere.

La nostra Emilia ha pagato un prezzo altissimo in quegli anni ed io credo che dobbiamo commemorare con dolore quelle vittime che rappresentano i martiri di una libertà che deve essere ogni giorno riaffermata e difesa, perché non è per una conquista definitiva, ma un bene della nostra civiltà che può essere in pericolo.

Da qui oggi, nel ricordo di quella giornata tragica deve partire un messaggio di forza e anche di orgoglio per il contributo che questa terra emiliana ha dato per la nuova Italia democratica e per l’esempio che dal sacrificio dei vostri eroi civili viene alla lotta contro tutte le nuove barbarie.

 


Ultimo aggiornamento 25.03.2015